Lavorare in gruppo, che si tratti di adolescenti, donne o insegnanti in formazione, rappresenta una marcia in più rispetto al lavoro individuale.
In gruppo si condivide, ci si confronta, si arricchisce il bagaglio di esperienze anche attraverso il lavoro altrui.
Accade che qualcuno rimanga in silenzio, in disparte, partecipando poco verbalmente, apparentemente assente o lontano con i pensieri. Ma non sono le parole espresse o la partecipazione attiva ad un gruppo la cartina di tornasole per comprendere se il lavoro ha fatto breccia .
L’ascolto silente delle esperienze altrui, genera interiormente un movimento, la messa in moto di stati d’animo, emozioni e riflessioni che anche se non vengono condivise ed espresse, lasciano un segno, una traccia nel partecipante.
E` per questo motivo che nel corso dei miei interventi con i ragazzi a scuola, non forzo mai nessuno ad intervenire , a volte lascio anche la libertà di mettersi in un angolo assumendo la funzione di osservatore attivo.
Tale libertà permette che dopo un po` ci si senta liberi di chiedere di entrare nel gruppo come parte attiva.
Siamo abituati a concepire un risultato solo se ne tocchiamo o percepiamo qualcosa con i nostri sensi. In realtà i cambiamenti avvengono anche in silenzio, aldilà di una partecipazione esplicita ed evidente.
L’importante è il rispetto di chi ho dinanzi, non forzarne mai i tempi, soprattutto quando si parla di vissuti, comportamenti, atteggiamenti che dietro la maschera con la quale si presentano, svelano storie, anelli di catene familiari, credenze e convinzioni legate alla cultura, all’educazione, al contesto di appartenenza.